Salve a tutti. Oggi voglio raccontarvi di questo libro autobiografico di Masuda Sayo, "Il mondo dei fiori e dei salici - autobiografia di una geisha", pubblicato in Giappone nel 1957, dove l'autrice racconta della sua vita da geisha che ha continuato fino ai suoi 30 anni.
A me è piaciuto tantissimo, ho già letto diverse considerazioni su quest'opera, e una cosa ricorrente che ho letto è: questo sì che è il vero racconto, non altre rappresentazioni occidentali e stereotipi o il famoso libro 'Memorie di una Geisha'... e cose simili. Non sono affatto d'accordo, una autobiografia non sminuisce l'importanza di altre rappresentazioni o opere romanzate. ogni opera ha il suo scopo e il suo valore.... se un romanzo ha contenuti falsi e non corrisponde al vero perchè inventato dall'autore (che poi già la parola romanzo in sè, significa che è finzione inventato dall'autore), allora è migliore l'autenticità di un'autobiografia? Quindi un'opera si basa solo su quanti contenuti reali porta dentro? Se è un romanzo, seppur inaccurato, lo scopo è quello di trasmettere una propria storia (anzi ha impiegato anche più impegno per poter ricreare una trama, non vissuta..). Quindi non capisco perchè mettere sullo stesso piano e sminuire un romanzo rispetto ad un'autobiografia

Comunque questo è davvero uno dei racconti più interessanti mai letti. Un'infanzia di umiliazioni in cui veniva trattata da schiava da altre famiglie per accudire bambini più piccoli di lei, un'infanzia in cui non sapeva nemmeno il suo nome (lo scoprii per la prima volta in un ospedale, dopo essersi fatta male) e nessuno si prendeva cura di lei, un' infanzia in cui fu venduta e il suo destino segnato a studiare per raggiungere il suo debutto e diventare un'aspirante geisha. Successivamente passare da una casa ospite all'altra o da un uomo all'altro per farsi mantenere, e rinunciare a tutto, ogni tentativo di felicità, come libertà e relazioni di reale affetto e amore
"attorno al mio collo era stretta una fune, sarebbe cambiata solo la persona che ne reggeva l'altra estremità"
La parte finale del suo racconto si concentra sul suo fratello minore, che conoscerà successivamente, cioè non si conoscevano da piccoli, riscoprendo la voglia di cambiare vita per lui e per trovare un senso di appartenenza abbandonando la carriera da geisha. Decide di aprire un ristorante. Lui morirà, ma lei troverà nei bambini la forza di voler cambiare e un senso di responsabilità verso di loro, soprattutto per non far passare loro quello che lei aveva subito
"io credo che qualsiasi persona a cui venga regalata una gioia inaspettata, non la possa dimenticare per un lungo periodo. Il bambino di oggi diventerà un adulto, e se non si scorderà di quello che ha provato oggi, quando vedrà un bambino che piange, gli verrà voglia di pulirgli il viso e di dirgli qualche parola di conforto. E quando quel bimbo crescerà, farà anche lui lo stesso. Essere gentili con gli altri non genera mai cattivi sentimenti; al contrario, coltiva lo spirito di cura e di attenzione nei confronti degli altri, e chi lo sa, forse fra un centinaio di anni verrà l'era in cui tutti si aiuteranno a vicenda (...)"

Comunque la verità è che nonostante se la passasse male e i soprusi, se non fosse diventata geisha (o quando lei stessa lascia quell'ambiente se ne accorge) la vita era molto più dura, ma non tanto per i lavori umili e faticosi che doveva fare per vivere, ma proprio perchè l'ambiente che c'era intorno era ancora peggio. Questa è una cosa che nessuno dice, cioè ... essere diventata una geisha è forse stata il male minore rispetto alle altre alternative disponibili per molte ragazze, in quel contesto lì... almeno ha vissuto una vita agiata, si è risparmiata situazioni più pericolose e degradanti. Seppur ingiusto il mondo delle geishe dava sicurezza economica e protezione sociale. Lei ha scritto infatti la sua autobiografia (ha vissuto 83 anni), mentre invece altre ragazze del suo stesso contesto di partenza, provenienti da famiglie povere, sono morte subito, senza cure, o nel circolo della prostituzione e di violenza ecc.
In definitiva questo libro rappresenta una finestra su questo mondo delle geishe che oramai non esiste più, se non in un quartiere di Kyoto, Gion, dove le ultime praticanti mantengono viva questa tradizione